Arequipa: Juanita, Gastòn e la magia della pietra bianca

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La chiamano “città bianca” del Perù. Nella lingua quechua, la lingua ufficiale dell’impero inca, il suo nome vuol dire “qui siamo”, “qui dobbiamo essere”. Infatti, Arequipa è una città del sole, calda, piena di colori, circondata da tre vulcani El Misti, Pichu Pichu e Chachani. Nel mese di settembre il suo clima non si avvicina minimamente al tempo della grigia Lima. In effetti, secondo l’etimologia, com’è stata nel passato, è ancora il posto ideale per sistemarsi. Come dicono alcuni abitanti di entrambe città, Arequipa dovrebbe essere la vera capitale del Perù, lo rappresenta meglio.

Purtroppo non è così. La sua gran attrazione è l’architettura in sillar (Ruta del Sillar), la pietra bianca di origine vulcanica, imponente e unica dal punto di vista estetico, che a volte assomiglia ai monumenti e chiese pugliesi; una piccola Ostuni del Perù. Fondata nel 1540 è diventata un simbolo della fede cristiana. Qui si trova la cattedrale più grande del Paese, un edificio colossale con due campanili slanciati e il Monastero di Santa Caterina da Siena, una costruzione enorme, con le pareti colorate, colori allegri della devozione, dove ha vissuto una vera santa, Anna degli Angeli, beatificata dal Papa polacco nel 1985.

Un’altra attrazione turistica e gastronomica sono locali Chicha e Tanta di Gastòn Acurio, uno dei cuochi più famosi del Sudamerica. I suoi ristoranti sono ovunque, a Lima, Arequipa, Cusco. Io per ora ne ho contati 11 tra cui, oltre ai due menzionati, Astrid&Gaston, La Mar, Panchita, El Bodegòn, M, Papachos, Yakumanka, Barra Chalaca e Manko. “La cucina peruviana è il risultato di un meraviglioso incrocio di culture. Ci siamo resi conto che ci avrebbe permesso di dimostrare che siamo capaci di dare una nuova immagine al Paese e di ritrovare la nostra identità, e crearne valore”, disse il Maestro in una delle interviste. La cucina peruviana è un vero tesoro nazionale ed uno strumento di trasformazione sociale.

Proprio grazie ad Acurio e tanti altri chef, la cucina del Perù è la più amata nel mondo dopo la cucina mediterranea. Ad alcuni piace addirittura di più. Un grande chef catalano, Ferrán Adrià, un tempo fa ha sottolineato che la cucina del Perù non è una cucina normale, ma è un fenomeno che rende questo Paese unico al mondo. E’ così. 491 piatti tipici di livello equivalente alle cucine italiana, francese, cinese e indiana e 5.000 anni di storia preincaica, incaica, coloniale e repubblicana.

Sembra un posto ideale, ma come sempre accade nella vita, ogni bellezza ha il suo lato oscuro. Il lato oscuro di Arequipa si chiama Juanita. Letteralmente è una mummia, il corpo congelato di una ragazza inca di circa 12 anni morta nel XV secolo a causa di un soffocamento con una coperta dopo l’assunzione di droghe o alcol per sacrificarla agli dei.

Quanta crudeltà nella religione del regno del Sapa Inca Pachacútec! I suoi lineamenti, le sue impronte, la sua pelle dopo 500 anni sono rimasti ottimamente conservati nel ghiaccio, il che rende Juanita una delle più importanti scoperte recenti al mondo. La ragazza si trova nel Museo Santoarios Andinos dove è tenuta nella temperatura meno 20. L’ho guardata a lungo. Mentre Juanita moriva, in Europa fioriva il Rinascimento, gli Europei si avvicinavano all’America del nord, nasceva l’Università di Barcellona insieme alla stampa di Gutenberg.

Per ore non potevo liberarmi la testa di quest’immagine drammatica che mi rendeva impotente e perplessa. Chissà perché è stata scelta per essere sacrificata: troppo bella? Troppo sana? Troppo giovane? Troppo innocente? Troppo donna? Non sapremo mai. La storia dell’uomo ha dei momenti incomprensibili e, ripetendo dopo arequipeño più famoso nel mondo, lo scrittore Maria Vargas Llosa, “l’incertezza è una margherita i cui petali non si finiscono mai di sfogliare”.

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