Marco Pantani, il Pirata del ciclismo

376

Un uomo che correva come il vento sulla sua bicicletta, che entusiasmava gli animi sia sulle strade sia in tv, pomeriggi al bar con gli amici a tifare, a incitare, se mai ce ne fosse stato bisogno, il Pirata.

Marco Pantani era il pirata, perchè al posto di utilizzare il classico berrettino da ciclista, correva dal Tour del 1997 con una bandana colorata sul capo. Ma era anche il pirata perchè era imprevedibile, coraggioso, capace d’imprese impossibili, pronto a guidare e trascinare la sua ciurma di compagni di squadra su due ruote alla conquista della vittoria. E con loro milioni di tifosi che spingevano idealmente il pirata da casa o bordo strada alla conquista delle vette delle Alpi o dei Pireni.

Tutti aspettavano quel suo gesto, togliersi la bandana, voleva dire dare il via ai suoi scatti a ripetizione in salita che erano uno spettacolo nello spettacolo. I suoi scatti diventano poi ascese in solitario in una progressione infinita a macinare gli avversari che non riuscivano a tenere il suo passo. Lui volava letteralmente di vetta in vetta, verso il traguardo.

Cosa è stato Marco Pantani “Il Pirata”, è veramente difficile da spiegare, forse non bastano nemmeno i filmati in tv e in rete. Come ha trascinato lui la gente sulle strade, pochi altri, forse solo Fausto Coppi. E come Coppi la sua vita è stata un saliscendi continuo, come in una tappa alpina, con entrambi arrivati sotto lo striscione finale prima di tutti gli altri, un po’ prima. Pantani ha suscitato come pochi altri un amore e un tifo viscerale, genuino, forse è stato l’ultimo campione romantico del ciclismo. Una passione smisurata per questo romagnolo da Cesenatico, che a vederlo non gli avresti dato le classiche due lire di una volta. Che prima ancora di diventare “Il Pirata”, dimostrava anche molti più anni dei suoi, con quell’incipiente calvizie precoce, da farlo sembrare un quarantenne in giro la domenica con gli amici in bici. Marco Pantani non aveva il phisique du role, non ha mai avuto la fortuna nemmeno dalla sua con incidenti e infortuni vari che gli hanno fatto perdere diverse stagioni, rischiando di minarne per sempre la carriera, ma da cui è sempre rinato con una voglia incredibile e una passione per la bici, con la sua voglia di vincere e vivere, senza freni… Imbattibile in salita, con la sua bici si sentiva al sicuro invincibile, anche da quel suo animo fragile e sensibile che poi l’ha tradito.

Il mondo lo conobbe con la doppietta di Merano e Aprica, del 4 e 5 giugno 1994, a 24 anni con quella sua cavalcata in solitaria sull’impossibile Mortirolo, dove oggi una scultura lo ricorda. Tante le su imprese che hanno infiammato i cuoi dei tifosi e anche i cronisti sportivi. L’Alpe d’Huez del 19 luglio 1997, che segna la sua rinascita dopo un grave infortunio. Il 2 giugno 1998, quando con uno scatto irresistibile frantumò il gruppo e mando in tilt Alex Zulle, andando a prendersi la maglia rosa. Ancora al Tour nel 1998, quando sotto una bufera di acqua e vento andò a vincere a Les deux Alps con uno scatto devastante a 47 km dall’arrivo, infliggendo nove minuti al Jan Ulrich, conquistando la grande boucle, solo un mese dopo aver vinto il Giro. Sul Galibier oggi a ricordare la sua impresa c’è una stele con la scritta “Pantani forever”. Ma forse la tappa e l’impresa più leggendaria del pirata da Cesenatico rimane quella al Giro d’Italia del 30 maggio 1999, nella tappa di Oropa. Quel salto improvviso di catena a 8 km e mezzo dal traguardo, lo costrinse a fermarsi e mettere i piedi a terra. Il gruppo dei migliori si mise a tirare, perse circa 40 secondi in breve tempo. Ma niente e nessuno poteva fermare il pirata, nemmeno un salto di catena e il distacco dai primi. Aiutato dai compagni di squadra, uno dopo l’altro superò tutti i suoi avversari in una progressione leggendaria che tenne incollata milioni e milioni di persone davanti alla tv e fece impazzire letteralmente i tifosi sulla salita verso il santuario di Oropa. Superò complessivamente 49 corridori. A tre km dall’arrivo era già piombato sul primo il francese Jalabert, lo superò di slancio e andò a vincere in solitaria, senza nemmeno accorgersi di aver tagliato il traguardo per primo.

Ma forse la sua impresa più bella e che racchiude tutto l’essere pirata è in una tappa del Tour del France, quando in salita superò tutti con estrema facilità come se fossero fermi, e un avversario dopo essere stato raggiunto e lasciato sul posto su un tornante, allargò le braccia in segno di resa, come a dire con lui non c’è gara, è impossibile.

Poi ci sono la mattina di Madonna di Campiglio e il residence “Le Rose” di Rimini il 14 febbraio 2004, ma questa non è più la storia del pirata ma l’uomo Marco Pantani.